Lo studio condotto per 10 anni pone l’accendo di come i fattori ambientali, tra cui la dieta, possano influenzare la salute umana relativamente lo sviluppo di cancro, patologie cardiovascolari e degenerative.

GLI ARTICOLI PIU’ LETTI DI OGGI:
- Cucinare con la moka si può! Come ottenere brodi aromatici usando la caffettiera, il trucco dello chef
- Panini alle verdure, il piatto che mancava ai vostri aperitivi con gli amici
- Farina, qual è la migliore del supermercato? La classifica di Altroconsumo
“Un alto consumo di cibi processati aumenterebbe in modo significativo il rischio di un secondo infarto nelle persone già affette da patologie cardiovascolari” così inizia l’ultimo rapporto pubblicato pochi giorni fa da Neuromed.
Per chi non lo sapesse l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed è un Istituto di Ricovero e Cura di Isernia a Carattere Scientifico, centro di rilevanza nazionale per patologie neurologiche e degenerative.
Nello specifico questa pubblicazione – pubblicata su Neurology, la rivista medica dell’Accademia americana di Neurologia – arriva dopo dieci anni di studio su migliaia di pazienti che si sono lasciati seguire nella loro quotidianità dai ricercatori del gruppo scientifico. Ecco cosa ne è emerso.
Coinvolti nello studio oltre 25mila cittadini molesani: tutti i dettagli
Come dicevamo lo studio ha seguito 1.171 dei 25mila partecipanti al “Moli-sani study” per un periodo di dieci anni precisi. La costante è stata che tutti soffrivano già di una patologia cardiocircolatoria al momento dell’inizio della ricerca.
PER NON PERDERTI NESSUN AGGIORNAMENTO SEGUICI SUL NOSTRO INSTAGRAM

I ricercatori si sono concentrati sul consumo di cibi ultra-processati. Vale a dire pasti pronti, snack, bevande zuccherate, insaccati, patatine, frutti, cibi precotti ma anche crackers, cereali per la colazione e yogurt alla frutta preconfezionati.
L’accento inoltre è stato posto soprattutto sugli esaltatori di sapore, i dolcificanti, conservanti, coloranti e antiossidanti usati in quantità elevata in questi cibi confezionati.
Secondo i ricercatori, consumare questi cibi “aumenta non solo il rischio di demenza senile precoce ma anche il rischio di un secondo infarto cardiaco o di un ictus, spesso con esiti fatali, nelle persone già colpite da patologie cardiovascolari“.
Per Marialaura Bonaccio, autrice dello studio, esiste un +65% di avere questi effetti sul cuore, mentre la probabilità di morire anche per altre cause è del +40%.
Ciò che è più grave però è che anche le persone che mangiano secondo le linee guida della dieta mediterranea ma assumono sporadicamente questi alimenti sono esposte allo stesso rischio.

Per la Bonaccio quindi “è l’alimentazione quotidiana nella suo interezza che può salvarci la vita. Una dieta basata sul consumo di prodotti freschi e minimamente processati è sempre da preferirsi, come del resto la tradizione mediterranea ci insegna da secoli.