Cosa si mangia al Danilo Ciavattini Ristorante di Viterbo

Cosa di mangia al Danilo Ciavattini Ristorante, locale da una stella Michelin e due Forchette del Gambero Rosso nel centro storico di Viterbo.

Danilo Ciavattini – Omaggio al nido

Territorialità e tradizione: in questi due concetti si può riassumere la filosofia di Danilo Ciavattini, giovane chef viterbese (originario di Soriano nel Cimino) che da tre anni a questa parte guida le cucine del suo ristorante omonimo, situato nel centro storico del capoluogo laziale. Dopo esperienze in Italia (Enoteca La Torre, Pipero) e all’estero (soprattutto a New York), Ciavattini è ritornato a Viterbo per poter realizzare nella sua città la sua idea di cucina. Un’idea di cucina che, come detto, ha come pilastri i concetti di territorialità (anche per quanto riguarda la fornitura delle materie prime, per la maggior parte del luogo) e tradizione. Per capire più a fondo la filosofia dello chef dobbiamo “scavare” nel suo passato: lui, nato e cresciuto in aperta campagna tra Viterbo e il vicino Monte Cimino, ha voluto riproporre una cucina che pesca dalla tradizione contadina cercandola di mantenerla viva, proponendola secondo nuove sfumature e declinazioni.

Danilo Ciavattini Ristorante: alcune proposte

Ecco dunque che, tra tutti i piatti, spiccano l’Acquacotta alla viterbese e la Pignattaccia, due ricette che fanno parte della tradizione “povera” locale e che Ciavattini ha rielaborato in versione moderna e, diciamo così, stellata. L’estrazione contadina dello chef la si ritrova anche in suoi piatti simbolo come la Patata Interrata, riproponendo nel piatto il momento in cui il tubero esce dalla terra (con tartufo e cornucopie ad arricchire il piatto e renderlo, visivamente, più scenografico), o la Patata Germogliata, che invece simula il momento in cui, appunto, germoglia. Piatti alla vista solo apparentemente semplici, ma che nascondono più di qualche insidia a livello di preparazione. Da segnalare, sempre tra gli antipasti, l’Omaggio al Nido, un guscio d’uovo svuotato e ripieno di crema di fegatelli, spuma di patate e tartufo. Un richiamo, nuovamente, alla tradizione contadina che guida lo chef in molte delle sue creazioni. Tra i primi consigliati il Pacchero cacio e pepe con erbe adagiate sulla pasta a mo’ di muschio, oppure i vermicelli bucati al burro e alici del Cantabrico. I secondi prevedono piatti sia di carne che di pesce: se da una parte potete gustare il piccione con le lenticchie (specialmente nei mesi più freddi), l’agnello in tre cotture e la lingua di bue (inserita nel menu degustazione tradizionale), dall’altra segnaliamo anche l’astice (alla carta), per gli amanti del mare e dei crostacei.
Per realizzazione e concetto, arrivando a parlare dei dessert, la Terra Spaccata è forse il piatto più interessante e originale. Una panna gelificata con gelato al caramello e la crosta al gusto di liquirizia che vede delle foglie di lavanda inserite in piccole fessure, a richiamare il germogliamento delle piante da una terra che, seppur spesso maltrattata dall’uomo, è comunque sempre capace di regalare la vita.
Ultimo aspetto, da non sottovalutare, il lato economico: al ristorante si può mangiare anche con 35 euro (prezzo del menu degustazione base, da 5 portate, escluso l’abbinamento di vini). Per un’esperienza stellata, ma tenendo comunque in considerazione il portafoglio.

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