Il pomodoro di Pachino rischia di scomparire

Il pomodoro di Pachino rischia di scomparire se la politica non interverrà in tempi brevi. Questa varietà famosa in tutto il mondo, coltivata nell’estremo Sud della Sicilia, potrebbe restare a marcire nelle serre a causa dei prezzo troppo bassi dovuti alla concorrenza straniera.

Il primo colpo basso a questa coltivazione è arrivata nel 2002 quando l’UE ha firmato un accordo con l’Egitto, consentendo al paese nordafricano di esportare prodotti nel nostro Paese senza dazio. Come rivela un’inchiesta de ‘Il Fatto Quotidiano’ negli ultimi mesi il prezzo di mercato è sceso vertiginosamente a causa delle massicce importazioni dai paesi esteri. E a Pachino gli agricoltori rinunciano a raccoglierlo perché non conviene economicamente. “Produrre un chilo di pomodoro mi costa un euro, tra l’acquisto della piantina e i costi della plastica, dei gancetti, delle tasse, degli operai che devono raccoglierlo e poi trasportarlo – racconta un imprenditore agricolo -, adesso il ciliegino si vende a 50-60 centesimi al kg, a 30 il pomodoro da insalata. Non vale la pena raccoglierlo”.

Il rischio non è di lavorare senza guadagnare, ma molto peggio. Gli investitori rischiano di doverci rimettere i soldi spesi. Colpa anche della distribuzione che non agevola la vendita del pachino, ma piuttosto quella dei prodotti provenienti dall’Africa, come il datterino del Camerun. I produttori stranieri hanno costi di produzione più bassi e per i concorrenti siciliani è impossibile competere. Diversi ministri hanno promesso che sarebbero intervenuti, ma le promesse sono finite nel vuoto. “Il ministro Maurizio Martina (Politiche agricole alimentari e forestali nei governi Renzi e Gentiloni, ndr) si era impegnato per la vendita alla grande distribuzione, promettendo per questa un percorso di filiera – racconta amaro Aldo -, tutto questo non c’è stato, siamo abbandonati a noi stessi”.

Adesso i pomodori di Pachino restano sotto le serre in attesa che i prezzi di mercato aumentino, viceversa resteranno incolti e gran parte della produzione resterà incolta e andrà persa. E molti agricoltori dovranno chiudere baracca ritrovandosi in una brutta situazione.

 

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