Ricetta braciole di maiale: cucinale come nell’antica Roma

Non solamente una grande storia, non solamente magnifici edifici e generali valorosi, non solo grandi battaglie e vittorie che hanno permesso un’espansione territoriale in tre diversi continenti. Gli antichi romani ci hanno lasciato, oltre a tutto ciò, anche delle abitudini a tavola che riscontriamo anche al giorno d’oggi. Qui vediamo la ricetta di braciole diffusa 2000 anni fa.

Sì perché anche chi abitava l’antica Roma era decisamente una buona forchetta (anche se, storicamente, le forchette sono arrivate molti secoli dopo). In particolar modo i nobili, i signori, riservavano una grande importanza al mangiare e al mangiare bene. Molte ricette che oggi noi proponiamo sulle nostre tavole traggono origine e ispirazione proprio dalle abitudini dell’antica Roma, quando ci si incontrava nelle domus e, seduti sui triclini, si mangiava rigorosamente con le mani.

Ricetta braciole di maiale secondo il gastronomo latino Apicio

In questa nuova rubrica andiamo a scoprire alcune ricette e pietanze, di uso ancora attuale e comune, che venivano proposte anche tra le mura domestiche della Roma che fu. La prima “puntata” di questa rubrica abbiamo scelto una ricetta tanto comune quanto apprezzata nel mondo occidentale: le braciole di maiale.
Molto di quel che sappiamo delle usanze gastronomiche dei romani lo dobbiamo al più importante gastronomo di quel periodo, tale Apicio, che nel suo libro “De re coquinaria” (L’Arte Culinaria) ha raccolto tutte le ricette possibili diffuse nella Roma imperiale.
Apicio, nato nel 25 a.C., è stato oltre a un gastronomo anche un grande appassionato di cucina, tanto da aver sperperato quasi tutto il suo patrimonio in pantagruelici quanto lussuosi pasti.  Proprio dal suo De re coquinaria abbiamo estratto la ricetta delle braciole di maiale, proprio come venivano preparate nella Roma antica, o meglio a Ostia. Se volete quindi mettervi nei panni dei signori della vecchia Urbe, ecco la preparazione tipica che veniva presentata a quel tempo nella sua versione originale.
Gli ingredienti sono in maggioranza di facile reperimento (tranne il garum, una complessa colatura di pesce di grande utilizzo al tempo), quindi anche voi potete replicare in modo tutto sommato fedele una ricetta di due millenni fa e raccolta nel quarto capitolo del settimo libro dell’opera di Apicio.
Braciole alla moda di Ostia: incidi la pelle della braciola senza però levarla. Trita: pepe, ligustico (l’odierno levistico), aneto, cumino, silfio (pianta estinta ma sostituibile col finocchio selvatico), una bacca di alloro, tempera col garum; ritrita e versa in un recipiente insieme alla braciola. Dopo due o tre giorni di marinatura con i condimenti, ritirala, fermala con due stecchi incrociati e metti nel forno. A cottura ultimata, taglia la braciola lungo le tacche e trita: pepe, ligustico, tempera col garum e un po’ di passito per addolcire. Quando questa salsa sarà ben cotta, legala con l’amido, cospargila in dose abbondante sulle braciole e servi.

Apicio, gastronomo romano

 

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