Sale rosa dell’Himalaya: secondo un ricercatore italiano è un bluff

Il sale rosa dell’Himalaya è stato presentato come un toccasana per la cucina e la salute, ma il nutrizionista Andrea Ghiselli, dirigente del Centro di Ricerca Crea-Alimenti e nutrizione, sfata il mito.

Il sale rosa dell’Himalaya è stato presentato come puro e privo di sostanze tossiche, capace di limitare il rischio di ritenzione idrica e di ipertensione, poiché il suo contenuto di cloruro di sodio è decisamente ridotto. Inoltre aiuterebbe la riduzione dei comuni segni di invecchiamento, migliorerebbe la circolazione arteriosa, ridurrebbe i crampi, accrescerebbe la salute delle ossa, dei reni, della tiroide e altro ancora. Secondo il dott. Ghiselli, però, si tratterebbe solo di un questione di colore, ma non apporterebbe nessun beneficio per la salute.

Frutto di una studiata operazione commerciale, ha gli stessi pro e contro degli altri sali, con la differenza che è impuro e costa il doppio. “Questo sale deve la sua colorazione a delle impurità di alcuni minerali come il ferro, lo zinco, il magnesio e il calcio e soprattutto all’ossido di ferro – spiega il ricercatore – sostanze che non sono presenti in quantità tali da apportare alcun beneficio”. Inoltre non sarebbe estratto dal monte più alto del mondo, al contrario di quanto di crede: la maggior parte del sale rosa proviene dalla miniera di Kewhra a 300 km a sud della catena Himalayana, in Pakistan. Quanto al giusto consumo di sale, il consiglio del ricercatore sulla base dei dato Oms, è di 5 grammi al giorno, tenendo presente che nel normale sale da cucina la percentuale di cloruro di sodio, se puro è solo bianco, è del 98%-99%.

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