Succo d’arancia: l’etichetta deve essere più trasparente

Il succo d’arancia e i succhi di frutta in genere sono ricchi di antiossidanti, aiutano a prevenire malattie cardiovascolari, a regolare il colesterolo, hanno funzione disintossicante, rafforzano il sistema immunitario grazie all’alto contenuto di vitamine. Bere il succo d’arancia può essere utile quanto mangiare il frutto intero, a condizione che sia naturale al 100% e non sia carico di conservanti, additivi e zucchero.

Molto spesso l’aranciata in vendita nei negozi non ha una bella reputazione e i prodotti prima utilizzati non sono made in Italy. Coldiretti sta quindi pensando di salvaguardare le arance italiane e la produzione di agrumi del nostro paese chiedendo un’etichettatura ben più precisa, come richiede la stragrande maggioranza degli italiani.

“ Una indicazione che va raccolta con un provvedimento ad hoc come è stato fatto recentemente per il grano nella pasta, per il riso e per i derivati del pomodoro – dichiara Coldiretti -. Si tratta peraltro di una esigenza per i consumatori e di necessità per salvare gli agrumi italiani con una pianta di arance su tre (31%) che è stata tagliata negli ultimi quindici anni, ma si sono anche verificati il dimezzamento dei limoni (-50%) e una riduzione del 18% delle piante di clementine e mandarini, sulla base dell’analisi Coldiretti sugli ultimi dati Istat”.

Negli ultimi 15 anni il Bel Paese ha perso 60 mila ettari di agrumi e ne sono rimasti poco più di 124 mila, di cui 71 mila in Sicilia e 30 mila in Calabria. La causa è da far risalire ai prezzi quasi irrisori pagati agli agricoltori che non riescono neppure a coprire i costi di raccolta, a causa della concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero (soprattutto Marocco).

“ Serve dunque – continua la Coldiretti – anche rimuovere gli ostacoli strutturali che determinano uno svantaggio competitivo per le nostre imprese, con regole armonizzate sulle importazioni dall’estero dove spesso vengono utilizzati prodotti chimici vietati in Italia, controlli qualitativi più stringenti anche sulla reale provenienza della frutta in vendita, senza dimenticare i costi aggiuntivi dovuti dall’arretratezza del sistema di trasporti”.

 

 

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