Pane fresco, un’etichetta per accertare la qualità

Da oggi avremo più certezze al momento dell’acquisto del pane, che potremo distinguere in “pane fresco” da quello “conservato o a durabilità prolungata” con specifiche prescrizioni in merito alla denominazione e alla modalità di esposizione in vendita di quest’ultimo.

Il pane sottoposto a surgelazione o congelamento, o che contiene additivi chimici, non potrà essere più venduto con la denominazione “pane fresco” e dovrà obbligatoriamente avere una etichetta con la scritta “conservato” o a durabilità prolungata. “Potrà quindi ora essere denominato “pane fresco” – continua la Coldiretti – solo il pane preparato secondo un processo di preparazione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante. Per “processo di preparazione continuo” – precisa la Coldiretti – si intende un processo per il quale, dall’inizio della lavorazione alla messa in vendita al consumatore, non trascorrano più di 72 ore”.

Il consumatore dovrà avere informazioni precise sul metodo di conservazione utilizzato nel processo produttivo nonché le modalità per la sua conservazione ed il consumo, attraverso un’apposita dicitura da riportare sul cartello negli specifici comparti in cui viene collocato. Negli ultimi dieci anni il consumo di pane tra gli italiani ha raggiunto il minimo storico con una media di 80 grammi a testa al giorno un valore molto lontano da quello dell’Unità d’Italia nel 1861 in cui si mangiavano ben 1,1 chili di pane a persona al giorno. Con il crollo dei consumi si è però avuta una svolta qualitativa con la crescita dell´interesse per il pane biologico e di grani antichi e per quello con contenuti salutistici e ad alto valore nutrizionale: a lunga lievitazione, senza grassi, con poco sale, integrale o a km 0.

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