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Riapertura ristorante Inkiostro, chef Giacomello: “Pensate nuove proposte”

Terry Giacomello è lo chef del ristorante Inkiostro di Parma, locale insignito della Stella Michelin. Cucina d’avanguardia e sperimentazione le parole chiave della sua filosofia. In fondo, è un “allievo” di Adrià…
Chef Terry Giacomello
E come tale ha portato avanti un’idea gastronomica inevitabilmente contaminata dall’esperienza a El Bulli, storico ristorante spagnolo che dalla metà degli anni ’90 al 2011 ha riscritto le regole della cucina contemporanea.
Abbiamo intervistato chef Giacomello (tra i membri di Ambasciatori del Gusto) pochi giorni dopo la riapertura del suo ristorante Inkiostro di Parma e abbiamo parlato sia di come ha affrontato il recente periodo di chiusura, sia delle iniziative da mettere in atto per ripartire nel miglior modo possibile. Immancabile, poi, un ricordo della sua esperienza a El Bulli agli ordini di Adrià.

L’intervista a Terry Giacomello, del ristorante Inkiostro

Terry, da imprenditore e ristoratore, come hai affrontato il recente periodo?
Nonostante questo brutto periodo di chiusura  forzata ho avuto modo di stare con la mia famiglia. Una cosa molto rara per noi del settore, ma molto importante per mantenere stabili e vicini gli affetti personali.
Hai avuto modo di pensare a nuovi piatti o hai preferito “staccare la spina”?
Mi sono rilassato ed ho avuto modo di riflettere su come sviluppare nuove idee per il prossimo cambio menu.
Alla riapertura hai avuto la necessità di ripensare il menu, magari puntando più sul degustazione rispetto alla carta?
Abbiamo riaperto il 1 giugno e fortunatamente siamo partiti già molto bene, lavorando in media con 6/7 tavoli  a servizio durante la settimana e facendo il pieno nei venerdì e sabato, cosa che nonostante il nostro ottimismo non credevamo possibile. Anche prima che si chiudesse avevamo circa gli stessi numeri e la maggior parte delle persone che vengono qui (anche da lontano) preferiscono fare il menu degustazione in quanto più intrigante, capace di far rivivere appieno l’esperienza e la nostra idea di cucina. In sostanza, rispetto a prima, non è cambiato nulla, anzi stiamo già lavorando sul nuovo menu che sarà ancora più sorprendente.
Proponi un degustazione particolarmente “ampio”. Da cosa è nata l’idea di creare un percorso da 19 portate?
Visto anche le mie esperienze lavorative ho sempre pensato che in un ristorante come il nostro sarebbe sempre meglio puntare sul degustazione perché il dovere che abbiamo è quello di far divertire il commensale, regalandogli delle emozioni che  speriamo  possano rimanere impresse nella mente del cliente. Utilizziamo ingredienti e tecniche inconsuete, che sono sconosciuti ai più o molto poco utilizzati, magari anche coinvolgendo il cliente stesso in modo da renderlo partecipe dell’esperienza. Tutto questo in molti casi  crea  una certa  curiosità, e le persone sono più predisposte a scegliere questo tipo di esperienza piuttosto che la scelta alla carta.
Considerando che si tratta di proposte molto tecniche, quanto lavoro è stato necessario, e quanto hai impiegato, per ideare e elaborare un menu simile?
Per elaborare questo menu ci abbiamo impiegato circa 9 mesi di prove (in cucina siamo solo in 5). Ci siamo avvalsi di diverse collaborazioni con biologi e botanici, e tecnici di laboratorio dove andiamo a fare delle prove per poter sviluppare le nostre idee.
C’è il rischio, secondo te, che proponendo piatti troppo elaborati o tecnici il cliente possa non capire l’idea e il concetto che c’è dietro il piatto stesso?
I clienti che vengono da noi conoscono già la nostra cucina, poi in sala abbiamo uno staff molto preparato che è in grado di trasmettere la nostra filosofia. Poi come spesso capita in tutti posti del mondo credo sia molto difficile piacere a tutti.
Hai mai pensato di eliminare la carta e concentrarti esclusivamente sul degustazione?
Sì, anche perche  per godere appieno dell’esperienza gastronomica è consigliabile scegliere il degustazione.
Tu hai lavorato in Francia, Spagna, Brasile; ma nella tua proposta c’è anche un’impronta orientaleggiante, asiatica, tra kombu, sakè, natto, tosazu, ecc. A cosa è dovuto?
Gia al Bulli usavamo prodotti asiatici ed io, mosso dalla mia curiosità, ho approfondito le mie conoscenze ed ho incominciato ad introdurne altri e anche da altre parti del mondo. Erbe e radici inusuali comprese.
Molti ingredienti che usi vengono da fuori, anche da paesi esotici. Avrai maggiore difficoltà ora a reperire alcune materie prime? Pensi ci sarà bisogno di concentrarsi maggiormente su ingredienti locali, magari anche ripensando alcuni piatti?
Non credo, nonostante il brutto periodo riesco comunque ad averli. Come ben saprai io utilizzo anche prodotti locali, cerco peraltro di proporli sotto altre forme (olio rancido di prosciutto crudo).
Parlando della tua esperienza a El Bulli, cosa hai imparato al ristorante di Adrià e cosa hai portato di quanto appreso da Inkiostro?
Tengo a precisare che per me il Bulli non e stato un posto di lavoro normale bensi una  famiglia, e che non mi basta una vita intera per restituire a loro tutto ciò che mi hanno trasmesso e insegnato. Lì ho imparato a vedere la cucina sotto altre forme, una forma di pensare che va ben oltre la ricetta, tecniche e concetti applicate ad ingredienti, l’importanza di collaborare con professionisti dell’arte , tecnologi del mondo del cibo, designer ecc. Questo in sintesi è poi quello che ho portato a Inkiostro.
C’è stato un insegnamento particolare che hai avuto da Adrià?
Che umiltà e lavoro duro alla fine pagano sempre. Mai sentirsi arrivati perche oggi si può imparare qualcosa da chiunque lavori con te o collabori con questo mondo.
Per te, friulano con una grande esperienza internazionale accanto a chef di spessore, che sfida è stata aprire un ristorante nel pieno della Food Valley italiana?
All’inizio è stato difficile impostare una cucina cosi complessa e concettuale ma dopo poco più di un anno avevamo già notato ampi miglioramenti, e questo alla lunga ci ha dato ragione perché ad ora stiamo lavorando veramente bene con numeri abbastanza importanti, considerando che abbiamo una cucina diversa e siamo nella Food Valley. Quindi direi che siamo sulla buona strada, ma dobbiamo rimanere tranquilli e continuare a lavorare duramente per  migliorarci sempre se vogliamo ottenere dei buoni risultati futuri.
Per chiudere, hai in mente o in lavorazione qualcosa di nuovo da Inkiostro?
Sì certo ma non voglio svelare nulla per adesso, altrimenti rovinerei la sorpresa ai miei commensali.