Cresce il consumo di frutta secca: attenzione ai prodotti poco sicuri

La frutta secca a guscio registra una grande impennata nei consumi nel 2017 con un aumento del 10% negli acquisti degli italiani. Secondo una stima di Coldiretti-Ismea si tratta di un mercato che ha raggiunto la soglia di un miliardo di euro con un consumo medio annuo di 3 kg a persona.

La frutta a guscio è stata rivalutata dopo che per anni è stata ritenuta ipercalorica e quindi da evitare. Le proprietà benefiche adesso passano in primo piano, consapevoli che un consumo moderato non può che apportare benefici alla salute. Ad esempio noci e nocciole sono ricche di acidi grassi che aiutano ad abbassare i livelli di colesterolo, oltre a contenere sali minerali e vitamina E, le mandorle sono utili per mantenere forti e sani la pelle, i capelli e le unghie e per rafforzare il sistema immunitario, i pistacchi contengono molte fibre, sali minerali ferro e vitamine (gruppo A e gruppo B).

Il mercato della frutta secca

In Italia si raccolgono 300 mila tonnellate circa di frutta in guscio all’anno.  Noci e nocciole sono presenti lungo tutta la Penisola, anche se la produzione è concentrata fra Piemonte, Campania, Lazio, Sicilia, Emilia Romagna e Veneto. “Solo i noccioleti – spiega la Coldiretti – sono cresciuti di ben il 6,5% nell’ultimo anno con quasi 80mila ettari a livello nazionale. Mandorle e pistacchi sono invece tipici del Sud con Puglia, Calabria e Sicilia in testa. I pinoli sono invece raccolti principalmente lungo le coste ed in montagna”. La crescita dei consumi sta portando anche a un aumento dei terreni dedicati a queste coltivazioni con un +30% di noccioleti e mandorleti previsto nei prossimi 10, ma resta ancora elevato il flusso delle importazioni.

Gli arrivi di frutta in guscio dall’estero hanno superato nel 2017 i 900 milioni di euro secondo una stima della Coldiretti, in particolare da Stati Uniti (di solito noci e mandorle dalla California), Iran (per i pistacchi), Turchia (per noci e nocciole) e Cina (pinoli) ma non mancano anche prodotti dal Cile, dall’Argentina, e dall’Australia. Prodotti poco sicuri che non rispettano gli standard di sicurezza e fanno temere presenza di residui chimici, metalli pesanti, additivi, coloranti e inquinanti microbiologici. Il consumatore può difendersi verificando l’origine della frutta in guscio in etichetta che deve essere obbligatoriamente apposta sulle confezioni o sugli scaffali.

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