Guerra Russia-Ucraina, diciamo addio alla bistecca. Le esportazioni bloccate fanno tremare l’Europa

La guerra tra Russia e Ucraina ha influenzato le economie di tutto il modo e ha fatto insorgere numerosi problemi: addio anche alla bistecca?

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Bistecca (Foto di B.Asaro per AdobeStock)

La guerra tra Russia e Ucraina ha sconvolto il mondo intero: le immagini che arrivano dalla Nazione dell’est d’Europa sono terribili: persone che scappano, bombe che scoppiano, missili che distruggono interi palazzi.

I morti aumentano di giorno in giorno mentre la battaglia diventa sempre più cruenta. I negoziati non stanno dando per ora gli effetti sperati e per questo motivo il conflitto continua ad andare avanti. L’Europa, per rispondere al duro attacco di Putin, ha deciso di imporre sanzioni senza precedenti alla Russia.

La guerra ha ovviamente influenzato tutto il mondo sotto tanti punti di vista. Dal punto di vista finanziario, le borse continuano a crollare. Diversi alimenti prodotti proprio da Ucraina e Russia non stanno partendo, e per questo motivo ci sono problematiche in tutta Europa.

Secondo alcuni aggiornamenti, ben presto potremmo dire addio anche alla bistecca: mancano infatti le forniture di mais (che aumenta mese dopo mese). Manca quindi il mangime per gli animali: i nostri maggiori fornitori hanno bloccato le esportazioni.

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Guerra Russia-Ucraina, addio alla bistecca? Cosa sta succedendo

La guerra tra Russia e Ucraina ha messo in difficoltà le economie di tutta l’Europa. La carne, ad esempio, subirà un aumento shock.

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Bistecca (Foto da Pixabay )

Il nostro principale fornitore di mais (il 33% del totale) è invaso dalle truppe nemiche, mentre l’Ungheria (secondo fornitore con il 24% del totale) ha deciso di bloccare le esportazioni. Le aziende italiane che producono mangime si ritrovano quindi con poche scorte, sufficienti soltanto per otto settimane.

Questa carenza di scorte farà aumentare del 20% il prezzo della carne. Il prezzo del mais, ad esempio, è aumentato del doppio in appena 12 mesi (costa oggi 41 euro al quintale). La confederazione degli agricoltori ha lanciato l’allarme: per anni non si è fatto nulla sul territorio per stimolare la crescita e la raccolta di semina di granturco.

La produzione nazionale, stando ai dati, è crollata di 4 milioni di tonnellate mentre sono più che raddoppiate le importazioni. Il 40% delle superfici coltivate in Italia è andato perduto nel corso degli anni. Questa problematica, anche se si prenderanno le dovute misure, perdurerà almeno fino al 2023.

Importare dagli USA non è infine la soluzione: la maggior parte dei raccolti negli Stati Uniti è di natura OGM: questa dicitura non rispetterebbe le disciplinari delle Denominazioni di Origine Protetta italiane.

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Mangime (Foto di S.Comungnero per AdobeStock)

L’Europa ha deciso di lanciare le prime idee: come spiegato dal commissario europeo dell’Agricoltura, Janus Wojechowski, nel 2022 si dovranno incrementare le capacità produttive del Vecchio continente, iniziando in primis a coltivare i terreni incolti.

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