Come Riconoscere Una Vera Allergia Alimentare

Le allergie alimentari diventano un fenomeno sempre più allarmante e diffuso e secondo alcune stime riguarderebbe circa 20 milioni di italiani, anche se una buona parte di essi pare sia vittima di errori diagnostici per via di test largamente utilizzati per la definizione di allergie a cibi specifici, ma non scientificamente validati. Ma esistono delle linee guida per diagnosticare correttamente un’allergia a cominciare da alcuni sintomi come il prurito alle mani e ai piedi, l’orticaria, difficoltà di respirazione, dolori addominali, vomito, debolezza e raucedine.

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Gli alimenti più a rischio sono uova, latte, arachidi, soia, frumento, molluschi e frutta con guscio: “Il ricorso a test come quelli del capello o della forza muscolare, che non hanno fondamento scientifico cresce al ritmo del 10% all’anno e rischia di non far individuare i veri pazienti allergici, ritardandone la diagnosi”, ha dichiarato Walter Canonica, direttore della clinica di malattie dell’apparato respiratorio dell’Università di Genova e presidente della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica, come riportato sul sito Fondazione Umberto Veronesi.

Per avere un chiaro quadro clinico meglio rivolgersi a degli specialisti del settore o ad appositi centri di riferimento: “Qui sarà possibile effettuare test validati scientificamente – ha aggiunto Canonica – che consentono di individuare con precisione non solo l’alimento sospetto ma a quale porzione di esso, di norma una proteina ( o una frazione di essa), si è ipersensibili e avviare così la corretta terapia”.

Secondo gli esperti meglio diffidare del test del capello, su cellule del sangue e il test della forza. Meglio prendere nota di ciò che si mangia e valutare quale cibo porta conseguenze, e per quanto tempo, al termine dei pasti. Inoltre uno specialista potrebbe eseguire dei test cutanei come il prick test; fare un dosaggio degli anticorpi IgE specifici  e sottoporvi sotto controllo medico a un test di provocazione orale che consiste nella somministrazione di dosi progressivamente crescenti dell’alimento allergico fino a provocare i sintomi a una dose corrispondente a quella normalmente assunta.

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